Bottone inutilePulsante inutile

POMPEI: LA RECENSIONE

POMPEI: UNA VERA E PROPRIA TRAGEDIA
Non volendo acculturarmi ancora sugli spaghetti western in onda quotidianamente su qualsiasi rete/canale etc, ho deciso di dare un’ulteriore possibilità alle produzioni hollywoodiane in ambito cultura europea.
Dopo aver deluso le mie aspettative con 300, dopo avermi mandato in depressione con 300: Alba di un impero, dopo avermi convinto che la pirateria non è poi così deprecabile con Hercules, in cui un pessimo Dwayne Johnson si diverte ad interpretare l’Hulk mitologico, qualche lacrima è finalmente scesa sul mio viso dopo aver visto Pompei. E no, non per la tragedia che narra, ma per la tragedia visiva.

Questo post non è una critica al film in sè, ma alle disastrose trasposizioni cinematografiche americane in ambito storico, mitologico etc etc etc. Le produzioni americane non si pongono mai dei limiti, peccando sempre di eccesso di licenza poetica, eccesso di effetti speciali, eccesso di eccesso.

Vi prego, tenetevi lontani anni luce dalla nostra cultura, greca, romana, davvero: i nostri libri di storia e i nostri romanzi storici, sono così ricchi e interessanti che il film riescono a girarcelo in testa nel corso della lettura, senza dover sborsare importi milionari e dalla realizzazione decisamente migliore.

Ma torniamo al film. Non aspettatevi una narrazione e una trama degna della straziante odissea vissuta dalle popolazioni colpite dall’eruzione del Vesuvio del 79 D.C.
Ricordo come fosse ieri quando, da bambino, la maestra raccontava il dramma vissuto in una giornata normalissima da impotenti donne, uomini e bambini, che li ha portati ad essere sotterrati da lì all’eternità dalle eruzioni vulcaniche, dal fuoco e dalla cenere.

POMPEI: LA LOCANDINA OVVERO COME TI SPOILERO IL FINALE

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SPOILER ALERT: SIAMO A POMPEI, MUOIONO TUTTI!
La trama si snoda avvicinandosi alla reale storia di Pompei e dei suoi rapporti con Roma, andando a ripescare una rappresaglia dei romani ai danni dei celti, nella quale si salvò un bambino, Milo, venduto come schiavo e divenuto poi gladiatore.

Milo si ritrova a Pompei anni dopo, a pochi metri di distanza da un senatore romano, atroce assassino dei suoi cari, pronto a ricattare beceramente la nobiltà pompeiana pur di ottenere in sposa Cassia, figlia di Severo e Aurelia, da poco infatuatasi dello stesso Milo.

Ora, se vuoi realizzare un film su Pompei hai due scelte: narrare gli avvenimenti rimanendo fedeli ai fatti storici creando di fatto un vero e proprio documentario e tralasciando la propria vena creativa, o scrivere una storia originale andando così inevitabilmente a snaturare alcuni (forse trascurabili) aspetti della vita Romano-Pompeiana di allora, dimenticandosi di stare narrando una storia avvenuta a Pompei.

Il regista (Paul Anderson) opta ovviamente per la seconda, andando a prendere “Il Gladiatore” e “Titanic“, mettendoli nel miniper e frullando film e pazienza dello spettatore. Sono d’accordo con la stesura di una storia originale, ma realizzi così un prodotto fine a se stesso andando completamente a dimenticare la Pompei vera e propria. Il film non è altro che una tragedia al limite dello shakespeariano la cui fine cala il sipario su un’occasione sprecata per ricordare e diffondere le conoscenze che sono state tramandate fino ai giorni nostri anche grazie a questa tragedia… Pompei non è altro insomma che un Romeo + Juliet ambientato nel primo secolo dopo Cristo.

Per rendere meno noiosa la pellicola, sono stati aggiunti combattimenti degni de “Il Gladiatore” (fino a poco prima dell’eruzione ero sicuro di vedere proprio il famoso kolossal) ed effetti speciali esagerati e fuori luogo.
Cast: poca roba. Carrie-Anne Moss svolge il compitino andando ad arricchire la poverà del casting, Kit Harington ha la capacità espressiva di un Derek Zoolander munito di spada (ma gli perdoniamo l’inesprerienza…) Sutherland è odioso quanto basta dando un minimo di senso alla visione della pellicola, Emily Browling non ha alcunché di mediterraneo e perlomeno ci prova, e Adewale blablabla “Attico” (data la stazza si capisce perchè viene chiamato così) è il classico amico afro del protagonista pronto a sacrificarsi e che muore sempre. Un vero e proprio clichè.

Insomma, per dare un voto a questo film utilizzando come unità di misura una scala che parte da Gigi d’Alessio e arriva a Dario Argento, la mia valutazione è Nino d’Angelo. Che non è un insulto, ma nemmeno un complimento.

 

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